L’Italia, nell’anno 2019, ha incassato dalle sole entrate del turismo 44,5 miliardi di euro, contro i 30 miliardi registrati nel 2011. Alcune fonti danno il turismo al 13 per cento del PIL italiano mentre altre, invece, lo collocano addirittura al 25%. Altri ancora al 33%. Di fatto, si parla di circa 1.800 miliardi di euro prodotti in un Paese dove il resto dell’economia tradizionale è immobile. Nell’arco di un solo decennio, quello appunto dal 2010 al 2020 nessun altro settore pare sia riuscito a fare qualcosa di simile. Eppure, nonostante ciò, il nostro Paese non ha ancora un Ministero del Turismo. Un dicastero specifico dedicato a questa grande risorsa italiana, capace di dettarne le linee guida e programmarne tutta la sua potenzialità. Oggi più che mai, in questo momento particolare che l’intera nazione sta vivendo, ci sarebbe bisogno di quella spinta capace di far ripartire il comparto più forte di prima. Uno sforzo che gli imprenditori non potranno sopportare da soli ma solo con l’aiuto delle Istituzioni che dovrebbe riversare le risorse necessarie per la sua crescita, per lo sviluppo e la crescita professionale dei suoi addetti. Perché se il trend continuerà ad essere quello dello scorso anno, capace di registrare la presenza di ben 1,4 miliardi di viaggiatori internazionali, non si capisce perché il governo non ci sia. Eppure questi numeri non lasciano scampo: un volume impressionante di persone che hanno visitato l’Italia in lungo in largo nelle quattro stagioni dell’anno, tra città culturali, località invernali e quelle estive, con dei picchi importanti registrati nelle maggiori località lacustri e termali. Il turismo italiano naviga con il vento in poppa e, appena questa catastrofe virale attenuerà la sua morsa, il settore riprenderà anche se lentamente, a navigare a vele spiegate. Perché in definitiva, il nostro Paese è vita, è storia, è cultura, ma anche genuina ospitalità, buone maniere e buona tempra dei suoi abitanti che, unite ad un’ottima cucina tradizionale e del buon vino, non ha eguali in tutto il mondo. Ciò nonostante, la fila dei sordi è sempre più lunga tanto che il loro silenzio assordante ci fa capire che chi dovrebbe fare non vuole fare perché non sente, e perciò non capisce. Dopotutto, come potrebbe quando per anni questo comparto è rimasto in balia di sé stesso e senza la più banale considerazione. D’altronde in questi e quegli anni passati c’era da pensare all’industria che veniva decentralizzata e trasferita all’estero, con tanti lavoratori costretti alla cassa integrazione o a condizioni di povertà sociale, come se il turismo non lo fosse e non portasse altrettanta occupazione. Si è preferito pensare che arte, cultura, sole, mare e montagna bastassero da soli a rendere fruibile una risorsa sulla quale investire poco o nulla. Peccato, perché quell’aiuto mancato avrebbe garantito continuità a chi, in tutto questo tempo, ha dovuto cedere la sua attività e passare la mano alle grandi compagnie straniere. Ora però, il settore turistico è chiamato a fare i conti con sé stesso, travolto com’è da questo disastro pandemico del quale nessuno sa predirne la fine. E alla fine, quando questo flagello sarà passato, che ne sarà di noi? Riuscirà il turismo a riprendere la sua vivacità, a mettere insieme i suoi cocci e a ripartire più spedito di prima? Se pensate che il 2020 era dato come un anno fantastico con un’occupazione alberghiera ai massimi livelli, c’è veramente da chiedersi quanta forza e determinazione ognuno di noi dovrà mettere in campo per rimboccarsi le maniche e recuperare quanto perduto. Personalmente, credo che in questo processo, una delle figure professionali che sarà chiamata ad uno sforzo maggiore sarà proprio la nostra. Sì, quella del Concierge, che dovrà dimostrare maggiormente di essere la vera spalla del proprio Direttore e quanto il suo ruolo sia fondamentale per la delicata gestione dell’Ospite. Quel turista che, con tanto coraggio, nonostante il disastro causato da questa pandemia, è voluto tornare in Italia. In questo luogo magico al quale non ha voluto rinunciare per godere di una vacanza importante e vitale che gli garantisse la qualità di una vita migliore. E proprio su questo concetto dovremmo fare leva, affinché tutti possiamo ritrovare insieme, quella spinta necessaria a riprenderci quanto lasciato sul campo.
Federico Barbarossa
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